Il Sindaco Roberto Scheda ha partecipato all’anniversario della fucilazione dei partigiani Cassetta, Dreussi e Mosca al Rione Isola

1 Marzo 2025

Il Sindaco di Vercelli, Roberto Scheda, ha partecipato oggi, sabato 1° marzo, all’80° anniversario della fucilazione dei tre partigiani - Alcide Cassetta, Renzo Dreussi e Clito Mosca - avvenuta il 27 febbraio 1945 al rione Isola.

«È un giorno di tristezza - ha detto il primo cittadino nel corso del suo intervento - Si tratta di tre giovani che sono stati barbaramente uccisi dalle forze nazi-fasciste. Non dobbiamo esser qui solo per dovere, dobbiamo testimoniare la nostra presenza specie in questo periodo storico in cui le libertà sono messe in pericolo a livello internazionale». Scheda, alla luce delle ultime vicende mondiali, si è detto «preoccupato» e ha richiamato «alla difesa della libertà e alla forza di volontà perché episodi simili non si ripetano mai più».

Durante la mattinata è intervenuto anche il signor Graziano che, al tempo della fucilazione dei tre partigiani, era bambino e che è stato l’artefice del recupero e conservazione dell’area dove oggi sono esposte le lapidi di Cassetta, Dreussi e Mosca.

L’orazione ufficiale è stata affidata a Enrico Pagano, direttore dell’Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nel Vercellese, in Valsesia e nel Biellese. Pagano ha ricordato le origini di Cassetta (nome di battaglia “Vento”): nato nel 1919 in provincia di Rovigo è emigrato in questi territori e ha aderito alla Resistenza a settembre del 1944. Dopo esser stato arrestato il 2 febbraio 1945 ad Olcenengo, è stato condannato a morte il 26 febbraio. «Alla sua fucilazione - ha raccontato Pagano - alcuni fascisti si sono rifiutati di aprire il fuoco, ma è stato ugualmente giustiziato da altri esponenti». Sono state poi ricostruite - «pur non essendoci molti documenti ufficiali» - le vite di Renzo Dreussi (nome di battaglia “Baracca”) e Clito Mosca (nome di battaglia “Bomba”). «Ci colpiscono due particolari - ha proseguito il direttore -. Il primo: anche Mosca era emigrante, era infatti nato in provincia di Udine. Questo è segno di come in quelle zone, nell’Italia fra gli anni Venti e Trenta, la povertà era ancora più diffusa poiché erano state le aree di fronte della Prima Guerra Mondiale. Il secondo particolare: questi tre giovani, probabilmente, non hanno incrociato le loro vite fino all’ultimo giorno, quello più tragico».